La storia e l'evoluzione di Pac-Man

La storia e l'evoluzione di Pac-Man: una delle icone più celebri e memorabili della storia dei videogiochi! Scopri la storia completa e altre curiosità in questo articolo!

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Mr. Red Drakar

11/1/20252 min read

Pac-Man in primo piano che sorride, pillole sparse intorno
Pac-Man in primo piano che sorride, pillole sparse intorno

Era il 1979 quando Tōru Iwatani, un giovane designer giapponese della Namco, ebbe un’idea destinata a cambiare per sempre la storia dei videogiochi.
Una sera, durante una cena con gli amici, prese una fetta di pizza. Guardando il piatto, rimase colpito dalla forma rimasta: un cerchio con uno spicchio mancante. In quell’istante, nacque Pakku-Man, il primo nome del personaggio che il mondo avrebbe conosciuto come Pac-Man.

Il nome derivava dall’onomatopea giapponese paku-paku, il suono che si fa quando si apre e chiude la bocca per mangiare.
Un concetto semplice, quasi infantile. Ma dietro quella semplicità si nascondeva un’intuizione geniale: creare un videogioco non basato sulla violenza, ma sul cibo. In un’epoca in cui gli arcade erano dominati da titoli come Space Invaders e Asteroids, Pac-Man portava qualcosa di completamente diverso: colori vivaci, un labirinto, e una fame insaziabile.

Quando uscì nel 1980, i giocatori non avevano mai visto nulla di simile.
Un piccolo cerchio giallo che correva in un labirinto blu, divorando palline e cercando di sfuggire a quattro fantasmi.
Ma quei fantasmi non erano semplici nemici casuali: ognuno aveva una personalità propria, un algoritmo di comportamento diverso. Blinky, il rosso, era il più aggressivo e inseguiva Pac-Man senza tregua. Pinky, il rosa, cercava di anticiparne le mosse. Inky, l’azzurro, si muoveva in modo imprevedibile, calcolando la posizione sia di Pac-Man che di Blinky. E Clyde, l’arancione, era il più strano: a volte lo inseguiva, a volte scappava.

Pizza tonda senza uno spicchio, forma di Pac Man
Pizza tonda senza uno spicchio, forma di Pac Man

Questa miscela di semplicità visiva e complessità strategica rese Pac-Man un fenomeno immediato.
Nel 1981, il gioco aveva già conquistato il mondo. Nelle sale giochi, le persone facevano la fila per giocare, mentre il suono inconfondibile del “waka-waka” diventava parte della cultura pop.
Il personaggio compariva su magliette, giocattoli, e perfino in una canzone — “Pac-Man Fever” — che scalò le classifiche americane.
Con il passare degli anni, Pac-Man divenne il simbolo di un’epoca, il volto amichevole di un nuovo medium che stava nascendo.
La sua icona, semplice e riconoscibile, divenne uno dei simboli più di spicco dei videogiochi.

Poi arrivò il primo sequel: Ms. Pac-Man, nel 1982.
Creata inizialmente come una modifica non autorizzata, la Namco la adottò ufficialmente.
La signora Pac-Man, con il suo fiocco rosso e i nuovi labirinti, introdusse una sfida più varia e un tocco di ironia femminile.
Fu un successo incredibile — e per molti, il miglior capitolo della saga classica.

Negli anni ’90, quando i giochi 3D iniziavano a dominare, Pac-Man non scomparve: si reinventò.
Arrivarono versioni in grafica tridimensionale, come Pac-Man World, che trasformarono il classico arcade in un’avventura platform.
Ma la sua essenza rimase sempre la stessa: correre, mangiare, sopravvivere.

Ancora oggi, più di quarant’anni dopo, Pac-Man continua a vivere apparendo in decine di varianti: puzzle, avventure, persino nei crossover più improbabili, divenendo di conseguenza un’icona immortale di semplicità che resiste al tempo, la gioia di giocare per il puro gusto di farlo.