Oltre l'alba di Mercurio
Racconto d'avventura ed esplorazione breve su Mercurio, il pianeta più vicino al sole. Scopri di più su Mercurio immergendoti in questo racconto breve sui rischi e informazioni su questo pianeta.
STORIE E RACCONTIFANTASCIENZA
Mr. Red Drakar
8/28/20252 min read

Il portello si chiuse con un tonfo sordo. Dentro la tuta, Elias sentì il respiro amplificato dal casco e il battito irregolare del cuore. Fuori, c’era Mercurio.
Non la versione accademica dei libri di astrofisica, ma il pianeta vivo, crudele, pronto a inghiottire chiunque lo sottovalutasse.
Scese la scaletta della navetta con un passo incerto. Davanti a lui si stendeva un orizzonte metallico e silenzioso. Le rocce sembravano fuse e poi strappate via da un vento inesistente, modellate da miliardi di anni di bombardamenti. Il sole, enorme e accecante, dominava il cielo con una ferocia impossibile da immaginare sulla Terra: tre volte più grande, tre volte più spietato. Elias abbassò la visiera schermata.
Sapeva che bastavano pochi secondi senza protezione per bruciare.
Mercurio non aveva quasi atmosfera. Nessun vento, nessun suono: solo un silenzio totale che pareva mordere le ossa. Ogni parola di Elias, se non fosse stata filtrata dalla radio interna, sarebbe morta senza neanche un’eco.
Il piano della missione era chiaro: piazzare i sensori sismici nella zona equatoriale per misurare l’attività interna del pianeta. Mercurio non era un corpo spento come la Luna: al suo cuore ribolliva un nucleo di ferro, più grande di quanto ci si aspettasse, quasi a voler urlare la sua sopravvivenza.
Nonostante i rischi dell'impresa, dentro Elias vi era qualcosa di più viscerale che lo costringeva ad andare avanti: il desiderio di calpestare un suolo che nessun uomo aveva mai toccato, di essere il primo a sopportare quel confine tra luce e buio.
E infatti, il buio era lì.
Dietro di lui, a poche decine di chilometri, cominciava la notte mercuriana: un abisso di gelo assoluto. Su Mercurio il giorno e la notte duravano più di ottanta giorni terrestri ciascuno. Lì dove il suolo ribolliva a oltre 400 gradi Celsius; poco più in là, le rocce scendevano sotto i -170.
Un pianeta di contrasti impossibili, un mondo che viveva in bilico tra incendio e ghiaccio.
Camminò verso una distesa di crateri. Ogni passo faceva scricchiolare la regolite sotto gli stivali, come vetro frantumato. Pensò ai nomi dei crateri: non divinità, non condottieri, ma artisti e poeti. Bach, Rimbaud, Goya. Mercurio era un cimitero di stelle cadute e visioni umane incise nella pietra spaziale.
Elias sorrise: in qualche modo, la cultura aveva trovato casa anche lì, nel posto più ostile che avesse mai visto.
Un bip nella radio lo riportò alla realtà.
«Elias, rileviamo un picco di particelle solari in arrivo. Hai quindici minuti per tornare alla navetta.»
Era la tempesta solare, il nemico invisibile. Senza un’atmosfera a proteggere, i protoni e gli elettroni del Sole potevano trapassare il corpo umano come schegge fantasma. Le sue ossa sarebbero diventate un archivio di radiazioni.
Elias sapeva che non poteva rischiare.
Si affrettò, con la mente divisa tra il fascino del paesaggio e il terrore del tempo che scorreva. Si voltò un istante, catturando con gli occhi l’immagine che non avrebbe mai dimenticato: il confine tra giorno e notte, la linea di demarcazione che avanzava lenta e inesorabile, come una lama cosmica che tagliava il pianeta a metà.
Quando finalmente chiuse il portello della navetta e si lasciò cadere sul sedile, si accorse che stava ridendo. Era sopravvissuto al primo incontro con Mercurio. Non lo aveva conquistato, non lo aveva addomesticato.
Ma per un’ora, aveva camminato sull’orlo del caos.
E questo, pensò, bastava a scrivere una nuova pagina nella storia umana.
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