La pallina gialla che divora il mondo: storia, origine ed evoluzione di Pac-Man
Ti racconto la storia, le origini e l'evoluzione del famoso Pac-Man, una perla videoludica che fa parlare di sé ancora oggi. Scopri di più in questo articolo!
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Mr. Red Drakar
8/29/20253 min read
Era il 1980. Nelle sale giochi, i cabinati lampeggiavano con suoni metallici e luci intermittenti. Gli adolescenti infilavano gettoni a raffica per pilotare astronavi e sparare contro orde infinite di alieni. Lo spazio era il tema dominante: guerra, battaglie, laser. Poi, all’improvviso, arrivò lui: una sfera gialla con una bocca che si apriva e chiudeva. Niente pistole, niente navicelle. Solo un labirinto, quattro fantasmi colorati e il suono inconfondibile di “waka-waka”.
Quella pallina gialla si chiamava Pac-Man, e cambiò la storia dei videogiochi per sempre.
Il padre di Pac-Man è Toru Iwatani, giovane game designer della Namco. Nel 1979 stava cercando un’idea che non fosse legata alla guerra spaziale, ma che potesse attrarre un pubblico diverso, soprattutto le ragazze, che all’epoca frequentavano poco le sale giochi.
La leggenda racconta che una sera, guardando una pizza a cui mancava una fetta, gli venne in mente il personaggio: una forma semplice, immediata, quasi infantile. Il concetto era ancora più diretto: invece di distruggere nemici, il giocatore avrebbe dovuto mangiare. Da lì nacque Pakkuman, ispirato all’espressione giapponese “paku-paku”, che imita il suono della bocca che mastica.
La sfida non era solo mangiare i pallini del labirinto, ma evitare quattro inseguitori: Blinky, Pinky, Inky e Clyde. Ognuno con una personalità diversa:
Blinky era aggressivo, sempre addosso al giocatore.
Pinky cercava di anticipare le mosse.
Inky era imprevedibile.
Clyde, beh… era un po’ scemo, andava a caso.
Il sistema di intelligenza artificiale dei fantasmi fu rivoluzionario per l’epoca: non erano avversari generici, ma ognuno aveva una strategia precisa. Questo dava vita a una caccia al topo continua, in cui il giocatore alternava tensione e liberazione.
E poi c’erano le Power Pellet, le pillole più grandi: per qualche secondo, la preda diventava cacciatore. Il ribaltamento delle regole era pura adrenalina.
Quando Pac-Man uscì in Giappone nel 1980, ebbe successo. Ma fu negli Stati Uniti che divenne un fenomeno culturale. La Midway lo importò e ribattezzò il gioco con il nome definitivo “Pac-Man” (per evitare che qualcuno vandalizzasse il titolo “Puck-Man” trasformandolo in un insulto).
Il resto è leggenda:
Nel 1981 il brano “Pac-Man Fever” scalava le classifiche musicali.
C’erano cartoni animati dedicati.
Gadget di ogni tipo: magliette, portachiavi, persino cereali a colazione.
Nel 1982 il cabinato di Pac-Man era la macchina arcade più venduta della storia, con oltre 350.000 unità.
Il successo portò inevitabilmente a seguiti e varianti:
Ms. Pac-Man (1981), considerata ancora oggi una delle migliori versioni. Nasce come hack non autorizzata, ma Namco la fece sua.
Super Pac-Man (1982), con nuove meccaniche e chiavi da raccogliere.
Pac-Land (1984), un platform side-scroller che influenzò direttamente giochi come Super Mario Bros..
Pac-Mania (1987), che portava il labirinto in 3D isometrico.
Negli anni ’90 e 2000, Pac-Man approdò su ogni console, dai 16-bit fino alla PlayStation, reinventandosi in puzzle game, avventure e persino party game.
Nonostante i cambiamenti, il cuore rimaneva sempre lo stesso: un personaggio semplice, un labirinto, e la fame insaziabile di punti.
Oggi Pac-Man non è solo un videogioco, è un’icona culturale. È entrato nei Guinness World Records come il gioco arcade di maggior successo di tutti i tempi. Nel 2010 Google gli dedicò un doodle giocabile che fece perdere milioni di ore lavorative in un solo giorno.
La pallina gialla ha superato mode e generazioni, restando riconoscibile in un’epoca di grafiche ultra-realistiche e mondi aperti giganteschi. Pac-Man è la prova che la genialità non sta nella complessità, ma nell’idea giusta al momento giusto.
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