La maledizione di Otzi - Leggende oscure

La maledizione di Otzi: leggenda oscura\metropolitana su una maledizione di una mummia ritrovata tra i ghiacci. Scopri di più in questo articolo\racconto breve.

STORIE E RACCONTIVIDEO

Mr. Red Drakar

8/15/20252 min read

Dicono che al Museo Archeologico di Bolzano, di notte, l’aria diventi più fredda del solito. Non parlo del freddo artificiale che conserva i reperti. Un gelo che ti entra nelle ossa, che non viene dai condizionatori ma da qualcosa che ti osserva da dietro il vetro.

Lì dentro, in una teca illuminata come una vetrina di gioielli, c’è lui: Ötzi. Un uomo morto da oltre cinquemila anni, ma ancora intatto. Pelle raggrinzita color rame, occhi scuri spenti, e addosso una storia che non ha mai smesso di sanguinare.

Fu trovato nel 1991, in alto, tra i ghiacci del passo del Similaun. Una coppia di escursionisti tedeschi vide qualcosa affiorare dalla neve, all’inizio scambiato per un alpinista disperso. Non sapevano nulla di ciò che stavano tirando fuori, qualcosa che non apparteneva alla loro epoca... e che forse non avrebbero dovuto toccare.

UN ELENCO DI VITTIME..

Fu così che la leggenda ebbe inizio: una lista di nomi e di morti.
Rainer Henn, il patologo che lo prese in braccio la prima volta, schiantato in auto l’anno dopo.
Kurt Fritz, la guida alpina, travolto da una valanga.
Rainer Hoelzl, il cameraman che filmò il recupero, tumore fulminante al cervello.
Helmut Simon, l’uomo che lo scoprì, precipitato da un dirupo.
Dieter Warnecke, il soccorritore che cercò Simon, morto di infarto subito dopo il funerale.
Konrad Spindler, l’archeologo che rideva della maledizione, ucciso dalla sclerosi multipla.
Tom Loy, lo scienziato che trovò sangue sugli oggetti di Ötzi, trovato morto in casa.

Sette nomi. Setti modi diversi di morire. Strane coincidenze? O solo la statistica che gioca sporco?

STUDI E VOCI DI CORRIDOIO

Secondo vari studi, sembra che Ötzi non sia caduto per caso. Qualcuno lo inseguiva. Aveva ferite da coltello su una mano, forse di pochi giorni prima. La spalla fu trafitta da una freccia, recidendo un’arteria. La punta rimase dentro. L’asta, invece, fu stata strappata via, come per evitare che venisse identificata. Poi, un colpo alla testa. Eppure, addosso aveva ancora la sua ascia di rame, preziosissima all’epoca. Non era una rapina. Era una caccia.

Si dice se resti abbastanza vicino al vetro e guardi l’ombra che le luci disegnano sul suo volto, sembra che stringa le labbra. Come se volesse dire il nome di chi lo ha ucciso. O il tuo.

Chi lavora al museo evita di fare il turno di notte nella sala di Ötzi. Qualcuno afferma di aver sentito un colpo secco, come una freccia che si tende. Qualcun altro ha giurato di vedere piccole impronte d’acqua che dal vetro arrivano fino alla porta. Un custode ha raccontato di aver trovato, una mattina, la serratura della teca congelata dall’interno.

Il ghiaccio non dimentica. Il ghiaccio ricorda ogni passo, ogni respiro.

E se la vera maledizione non fosse la morte, ma l’ossessione? La leggenda almeno in una versione vuole che dopo averlo visto, il pensiero inizi a martellarti ogni giorno. Domande di come dev’essere stato correre in alta quota con il sangue che ti cola sul petto, il fiato corto, il nemico dietro di te. A immaginare il momento in cui capisci che non ce la farai.

E forse è così che ti prende: non con un colpo secco, ma insinuandosi nei tuoi pensieri. Facendoti guardare il vetro una volta di troppo.